Dodicesimo Incontro di Catechesi
DODICESIMO INCONTRO CATECHESI ADULTI
“La Virtù Teologale della Fede”/10
Taiedo 28.Xi.2021
Dopo una lunga premessa ora iniziamo a scrutare il mistero e la profondità del Simbolo Apostolico[1]:
Io credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra
e in Gesù Cristo, Suo unico Figlio, nostro Signore,
il quale fu concepito da Spirito Santo, nacque da Maria Vergine,
patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto;
discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte;
salì al cielo, siede alla destra di Dio, Padre onnipotente:
di là verrà a giudicare i vivi e i morti.
Credo nello Spirito Santo,
la santa Chiesa cattolica, la Comunione dei Santi,
la remissione dei peccati,
la risurrezione della carne,
la vita eterna. Amen.
La risurrezione è un segno della presenza del Signore. Non solo, è anche la prova che tutte le profezie dell’A.T. si sono compiute ed avverate in Cristo. Ancora, diviene prova che Gesù è realmente il Figlio di Dio.
Nei Vangeli ci sono diversi episodi che narrano questo fatto di fede, sconvolgente e difficile da credere, quanto necessario: «Se Cristo non è risorto, vuota è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede» (1 Cor 15,14). Gesù si manifesta in diverse occasioni: ai discepoli di Emmaus (cfr. Lc 24, 13-35); a Maria di Magdala e a Tommaso oltre che agli altri Apostoli (cfr Gv 20). In tutte queste occasioni non viene riconosciuto se non da un segno specifico: dallo spezzare il pane; al chiamare per nome, al farsi toccare.
Gesù lo aveva detto in modo esplicito: «Io sono la Risurrezione e la vita, chi crede in me, anche se muore, vivrà» (Gv 11,25).
Solo Lui ha sconfitto la morte e ci ha permesso di entrare nel Regno dei Cieli non ancora compiuto, ma già in atto. «La risurrezione è un evento dentro la storia che, tuttavia, infrange l’ambito della storia e va al di là di essa. Forse possiamo servirci di un linguaggio analogico, che sotto molti aspetti rimane inadeguato, ma può aprire un accesso alla comprensione. Potremmo considerare la risurrezione quasi una specie di radicale salto di qualità in cui si dischiude una nuova dimensione della vita, dell’essere uomini. Anzi, la stessa materia viene trasformata in un nuovo genere di realtà. L’Uomo Gesù appartiene ora proprio anche con lo stesso suo corpo alla sfera del divino e dell’eterno. D’ora in poi – dice Tertulliano - “spirito e sangue” hanno un posto in Dio»[2].
Questo nuovo modo di essere uomini e di pensare alla storia comincia dalla Pasqua, da quell’Ottavo giorno in cui Gesù Cristo, dopo essere stato vinto dalla croce e dalla morte, diviene vincitore. La liturgia del Triduo Pasquale ci inserisce in questi tre giorni in cui le sorti nostre cambiano totalmente. La Pasqua, celebrata nella Veglia Pasquale, diviene la festa della luce, dove le tenebre che hanno squarciato il velo del tempio (cfr. Lc 23), vengono vinte e dissipate. È la vittoria di Gesù sul peccato e sulla morte, dove alla vita terrena si aggiunge e si aggancia la vita eterna, sperata ed attesa.
Questo diviene anche un invito a risorgere quotidianamente dalle piccole morti che viviamo, ogni volta che soffriamo o siamo nel dolore oppure commettiamo peccato. Cristo ha vinto, è Lui l’ultima parola: vita!.
[1] Le riflessioni sono prese dal libro: R. Lupi, Credo. Commento al Simbolo degli Apostoli, 2012.
[2] Benedetto XVI, Gesù di Nazareth, vol. 2, 303-304.