Terzo incontro di catechesi per Adulti
TERZO INCONTRO CATECHESI ADULTI
“La Virtù Teologale della Fede”/1
Taiedo 20.XII.2020
La scorsa volta abbiamo definito la virtù come «una disposizione abituale e ferma a fare il bene. Essa consente alla persona, non soltanto di compiere atti buoni, ma di dare il meglio di sé. Con tutte le proprie energie sensibili e spirituali la persona virtuosa tende verso il bene; lo ricerca e lo sceglie in azioni concrete»[1]. Tutto questo nella libertà, scegliendo cioè di compiere il bene per avviarsi verso il Bene. Questa libertà che non ha come fine il non aver nessun vincolo e\o legge, ma al contrario, la capacità di accettare il limite proprio dell’uomo e del mondo come creature finite.
Dopo questo breve riassunto, andando poco oltre, nel Catechismo della Chiesa Cattolica, troviamo la definizione delle virtù teologali: fede – speranza – carità. Esse «rendono le facoltà dell’uomo idonee alla partecipazione alla natura divina. Le virtù teologali, infatti si riferiscono direttamente a Dio. Esse dispongono i cristiani a vivere in relazione con la Santissima Trinità. Hanno come origine, causa ed oggetto Dio Uno e Trino»[2]. In sintesi «è un dinamismo di energie che rendono capaci di comunicare personalmente con Dio e di unirsi a Lui»[3].
Come si comprende dalla definizione del Catechismo entriamo in un ambito spirituale-filosofico che necessità di essere declinato nella realtà e concretezza della vita. Sennò rischiamo di parlare in astratto, ma le virtù teologali non sono utopie o concetti, ma doni di Dio che ci aiutano ad avvicinarci a Lui nel mistero immenso della relazione di comunione d’amore della Santissima Trinità. Riscoprire le virtù teologali significa riscoprire il principio di attrazione verso Dio. Quasi come una calamita che ci porta dinnanzi al Signore. Proviamo a compiere un passo in avanti e andiamo a scoprire la prima: la virtù teologale della fede.
Per parlare della Fede è necessario chiarirla. «Con la sua rivelazione, «Dio invisibile nel suo immenso amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi per invitarli ed ammetterli alla comunione con sé». La risposta adeguata a questo invito è la fede. Con la fede l'uomo sottomette pienamente a Dio la propria intelligenza e la propria volontà. Con tutto il suo essere l'uomo dà il proprio assenso a Dio rivelatore. La Sacra Scrittura chiama «obbedienza della fede» questa risposta dell'uomo a Dio che rivela»[4].
La fede nasce da Dio e raggiunge l’uomo che ha necessità di aderirvi per poterla comprendere. È un circolo virtuoso in cui intelletto-fiducia; ragione-fede si intrecciano quasi in una danza che porta a credere nel Dio che si rivela e desidera «auto comunicarsi» a noi.
Innanzitutto la Fede è grazia: «Quando san Pietro confessa che Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente, Gesù gli dice: « Né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli » (Mt 16,17). 184 La fede è un dono di Dio, una virtù soprannaturale da lui infusa. «Perché si possa prestare questa fede, è necessaria la grazia di Dio che previene e soccorre, e gli aiuti interiori dello Spirito Santo, il quale muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi della mente, e dia "a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità"»[5].
Dopodiché la Fede è anche un atto umano: «È impossibile credere senza la grazia e gli aiuti interiori dello Spirito Santo. Non è però meno vero che credere è un atto autenticamente umano. Non è contrario né alla libertà né all'intelligenza dell'uomo far credito a Dio e aderire alle verità da lui rivelate. Anche nelle relazioni umane non è contrario alla nostra dignità credere a ciò che altre persone ci dicono di sé e delle loro intenzioni, e far credito alle loro promesse (come, per esempio, quando un uomo e una donna si sposano), per entrare così in reciproca comunione. Conseguentemente, ancor meno è contrario alla nostra dignità «prestare, con la fede, la piena sottomissione della nostra intelligenza e della nostra volontà a Dio quando si rivela » 186 ed entrare in tal modo in intima comunione con lui.
Nella fede, l'intelligenza e la volontà umane cooperano con la grazia divina: “Credere est actus intellectus assentientis veritati divinae ex imperio voluntatis a Deo motae per gratiam – Credere è un atto dell'intelletto che, sotto la spinta della volontà mossa da Dio per mezzo della grazia, dà il proprio consenso alla verità divina”»[6].
Nella prossima catechesi andremo ancora più in profondità nel discorso della fede e di come essa sia virtù di Dio data a noi.