Secondo Incontro Catechesi per Adulti
SECONDO INCONTRO CATECHESI ADULTI
“COS’E’ LA VIRTU’?”
Taiedo 29.XI.2020
Dopo aver visto lo scopo della catechesi come: «gli sforzi intrapresi dalla Chiesa per fare discepoli, per aiutare gli uomini a credere che Gesù è il Figlio di Dio, affinché, mediante la fede, essi abbiano la vita nel suo Nome, per educarli ed istruirli in questa vita e così costruire il Corpo di Cristo»[1], ci inoltriamo alla riscoperta di quei doni ricevuti mediante il Battesimo e la Cresima, in modo particolare.
Doni dello Spirito Santo che ci permettono di creare e vivere una relazione filiale con la Santissima Trinità unico Dio. Relazione si esplica in modo particolare nel riscoprirci figli di un Dio che è Padre, in Cristo che ci permette di vedere il suo volto e nello Spirito «per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!»»[2].
Comprendiamo l’immensa grandezza e grazia che Dio ci ha fatto, proprio nel volerci incontrare ed istaurare una relazione sempre più vera e sincera con noi. In questo un ruolo importante lo giocano le virtù teologali e cardinali.
Innanzitutto le definiamo in modo sintetico per poi inoltrarci nel significato di ciascuna, partendo dal termine virtù.
Le virtù[3] teologali sono: fede; speranza e carità. Mentre le cardinali sono: prudenza; giustizia; fortezza e temperanza. Esse sono 7, come i doni dello Spirito Santo (Consiglio, Sapienza, Intelletto, Pietà, Fortezza, Timor di Dio e Scienza), come i Sacramenti (Battesimo – Cresima – Eucaristia; Matrimonio – Ordine; Unzione degli Infermi - Riconciliazione) indi stanno ad indicare una totalità, ma lo vedremo tra poco.
Facciamo un passo indietro e definiamo cosa intendiamo per virtù. «La virtù è una disposizione abituale e ferma a fare il bene. Essa consente alla persona, non soltanto di compiere atti buoni, ma di dare il meglio di sé. Con tutte le proprie energie sensibili e spirituali la persona virtuosa tende verso il bene; lo ricerca e lo sceglie in azioni concrete»[4].
In modo semplice cosa dice il CCC? Che la virtù è ciò che ci spinge a fare il bene, ma in modo abituale. Questo termine, abituale, significa in modo fermo, stabile, che diventa il nostro modus operandi. San Gregorio di Nissa diceva: «Il fine di una vita virtuosa consiste nel divenire simili a Dio»[5]. Cioè che le nostre azioni che compiamo abbiano come fine la santità perché ci avvicinano a Dio. Potremmo dire che le virtù umane, quelle che il carattere, l’educazione e la vita ci hanno fatto emergere, si innestano nella morale e nell’etica che abbiamo come regola di vita e ci rendono capaci di discernere ciò che è bene e ciò che è male. Per noi cristiani, questo viene illuminato, ravvivato e incrementato da quei doni che pocanzi accennavamo.
In sintesi potremmo dire questo che «l’uomo virtuoso è colui che liberamente pratica il bene»[6]. Significa che è in azione anche la nostra libertà.
Libertà e virtù si condizionano in modo direttamente proporzionale. Esse diventano forza l’una dell’altra quando tendono all’unisono allo stesso fine e scopo, nel nostro caso al bene che poi si trasfigura nel Bene, cioè in Dio. Comprendiamo bene la difficoltà di questo argomento perché dovremo avere lo stesso significato da dare a libertà.
Una piccola chiarificazione, per noi libertà non è assenza di vincoli e\o di leggi e\o di restrizioni; ma è accettare la finitudine propria e\o imposta in vista di non ledere la dignità dell’altro e la nostra. In pratica è accettare che siamo limitati e vedere in questo limite il parapetto che non ci permette di cadere giù da un burrone.
Da quanto detto, possiamo dire che ciò che aiuta le virtù a “convertire” la nostra libertà al Bene sono proprio i doni delle virtù teologali e cardinali affidati a noi direttamente ed indirettamente da Dio.